Nella foto sopra il regista Alejandro Amenábar
Presentato a Cannes l’anno scorso, finalmente arriva nelle sale italiane Agora di Alejandro Amenábar (nella foto). Il film sulla vita di Ipazia, filosofa greca uccisa da un gruppo di fanatici cristiani nel 415 d.C., sembrava destinato a non uscire da noi, e in molti paventavano pressioni da parte del Vaticano. Era stata anche lanciata una petizione in difesa del lungometraggio. Trovata pubblicitaria? Può darsi. Nel frattempo un distributore si è fatto avanti, Mikado, che porterà Agora nei cinema il 23 aprile. Ma il dibattito continua: ad accenderlo, ieri a Milano, il convegno “Ipazia – una donna per la libertà, la scienza, contro ogni fondamentalismo”, con Amenábar, Umberto Eco e il teologo Vito Mancuso.
«L’assassinio di Ipazia rimarrà un crimine indelebile della storia del cristianesimo, come quelli dei catari e di Giordano Bruno; tuttavia, il cristianesimo non si riduce al fanatismo», ha esordito Mancuso. «Inoltre, il cristianesimo di Alessandria non era riconducibile al vescovo Cirillo e alla setta dei parabolani, responsabili della morte di Ipazia. Mentre con questo film Amenábar pare insinuare che i rappresentanti delle religioni siano tutti intolleranti: non è vero».
Lo studioso ha poi messo in luce alcune«incongruenze» della pellicola: «Sinesio di Cirene, allievo di Ipazia, era calvo, invece nel film ha i capelli lunghi. E non poteva essere ad Alessandria al momento dell’omicidio di Ipazia: era morto due anni prima». Pronta la replica di Amenábar: «Non sapevo che Sinesio fosse calvo, ma mi sembra irrilevante. Per il resto mi sono concesso delle licenze, è vero, per esigenze di sceneggiatura. Ma non volevo lanciare un messaggio anticristiano, bensì mostrare come la ragione può essere distrutta dai fondamentalismi».
All’incontro ha partecipato anche Umberto Eco, che ha ricordato l’Udienza Generale di Papa Benedetto XVI nel 2007: «Il pontefice fece un ritratto a tutto tondo di Cirillo, omettendo proprio l’episodio dell’assassinio di Ipazia raccontato nel film: evidentemente nella Chiesa c’è dell’imbarazzo». Lo scrittore, d’altro canto, non ha mancato di criticare l’«eccessiva eroicizzazione di Ipazia da parte del mondo laico anticlericale». E ha puntualizzato: «Ipazia non era l’unica filosofa dell’antichità, ce n’erano molte e tante per essere accettate facevano, per così dire, le “escort”. In che senso? Frequentavano uomini importanti, disquisendo con loro di filosofia e di matematica. Un’abitudine che oggi si è persa…».
di Francesca Federici
Fonte articolo e foto: style.it
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