Papi Fulvio, La costruzione delle verità. Giordano Bruno nel periodo londinese, introduzione di Nuccio Ordine, Mimesis, 2010, pp. 105.

Papi Fulvio, La costruzione delle verità.

Giordano Bruno nel periodo londinese

introduzione di Nuccio Ordine

Mimesis, 2010, pp. 105, Collana: I Volti n. 40


“Ho frequentato per tutta la vita l’opera di Bruno: mi ha insegnato il senso fondamentale della filosofia,

l’impegno per la verità come stile della persona”.

Fulvio Papi

Questo libro riproduce le lezioni tenute da Fulvio Papi, nel giugno del 2003 a Londra nell’ambito dei seminari bruniani organizzati dall’Istituto Italiano di Studi Filosofici, il Centro Internazionale di Studi Bruniani e dal Warburg Institute. Alla fine del libro è presente la bibliografia bruniana che il Prof. Papi ha consultato in oltre 50 anni di studi dal 1952 al 2003.

Londra 1583-1585, Giordano Bruno pubblica i Dialoghi italiani. Nella stessa città, nel 2003, Fulvio Papi tiene delle lezioni sull’autore. Un libro d’eccezione che racchiude tutta l’essenza di Giordano Bruno, scritto da uno dei suoi studiosi più preparati. Al centro dell’opera l’interpretazione della verità, il bene supremo,
un concetto fondamentale che va analizzato e collegato ai diversi interlocutori che Bruno immagina davanti a sé, universitari, personaggi di corte. Sullo sfondo di quest’analisi ritroviamo l’interpretazione della filosofia intesa come genere prima di tutto comunicativo. Il libro qui presentato offre una originale modalità d’indagine dell’opera di Bruno, aperta a nuovi sviluppi.

Fulvio Papi nel 1968 aveva già pubblicato uno dei più importanti studi su Bruno: Antropologia e civiltà nel pensiero di Giordano Bruno per l’Editore La Nuova Italia, un libro ormai introvabile anche nelle librerie di antiquariato,


fortunatamente è stato ristampato da Liguori Editore nel 2006, con l’introduzione di Nuccio Ordine e la prefazione alla seconda edizione di Fulvio Papi.


Papi Fulvio è Professore emerito di Filosofia Teoretica presso l’Università degli Studi di Pavia.

Nuccio Ordine è Professore ordinario di Letteratura italiana presso l’Università della Calabria.

Intervista ad Aniello Montano e la crisi dell’istruzione. Salviamo l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici.

La crisi avanza e si tagliano i fondi anche ai centri di eccellenza della cultura italiana. Il professor Aniello Montano, docente presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, ci racconta cosa succede nella sua realtà, perché, e da cosa bisogna salvare l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici?

La maledetta crisi che non c’è, un po’ come l’uomo invisibile, in realtà c’è. E miete vittime.

La cultura in Italia è sull’orlo di un precipizio, e se non fosse per qualche coraggiosa schiera di volontari e missionari che lavorano all’interno delle nostre università pubbliche, sarebbe già piombata nel buio più totale.

Mentre i nostri parlamentari si dilettano in neanche troppo interessanti elucubrazioni, i professori, i ricercatori, i precari e – soprattutto – gli studenti si domandano da settembre cosa sarà di loro.

La scure della finanziaria s’è abbattuta sulla pubblica istruzione, tagliandone i fondi e riducendo al collasso le strutture anche di valore della nostra storia italiana, delegando alle regioni gli impegni che dapprima erano statali e oggi divengono improvvisamente di esclusiva competenza locale.

Tra i centri colpiti dalla crisi, ci sono istituti italiani famosi nel mondo, come l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli (IISF) che oggi versa in condizioni difficilissime.

Le attività continuano sia grazie a generose donazioni di privati – come quelle straordinarie della famiglia Marotta, che è arrivata a vendere proprietà immobiliari per finanziare le attività dell’IISF -, sia grazie ad opere di semi volontariato di ricercatori, precari, e professori. Ma non basta, occorre che lo Stato continui ad assumersi gli impegni che un ente culturale pubblico di tale prestigio richiede.

Per richiamare l’attenzione pubblica e politica, in occasione delle celebrazioni del trentacinquesimo anniversario della fondazione, è stato rivolto al pubblico europeo un appello firmato dal prof. Aniello Montano, dall’accademico di Francia Marc Fumaroli e dal prof. Biagio de Giovanni, perché la crisi in cui versa l’IISF sembra essere radicale e richiede l’impegno di tutti perché venga superata.

Ma cos’è l’IISF? L’Istituto è un prestigioso polo culturale che raccoglie intellettuali ed esponenti di spicco mondiali, intrattiene rapporti con le principali università europee, costruisce percorsi culturali con lezioni periodiche, seminari, corsi interdisciplinari, e cicli di lezioni. Un diamante nel deserto del nostro abbandonato sud Italia.

Premi Nobel come Rita Levi Montalcini e Sheldon Glashow hanno collaborato con l’Istituto, e oggi ci si pone il problema di come continuare a sostenere finanziariamente i borsisti e le attività che hanno reso questo Istituto famoso nel mondo.

Ho richiesto al prof. Montano, uno dei firmatari dell’appello per il salvataggio dell’IISF, di darmi una mano a comprendere meglio cosa stia succedendo:

SdM: Avete scritto un appello per il salvataggio dell’IISF aperto a tutti i cittadini d’Europa. Perché c’è bisogno di “salvarlo”? In che condizioni versa? Come mai? Chi l’ha sostenuto finora?

AM: L’Istituto consente a giovani di paesi lontani dal nostro di avvicinarsi alla cultura italiana e soprattutto meridionale consentendo loro di leggere i testi di Niccolò Machiavelli, di Giordano Bruno, di Giambattista Vico, di Vincenzo Cuoco, di Benedetto Croce e di entusiasmarsi per i loro contenuti di civiltà. Queste edizioni hanno consentito al pensiero italiano di penetrare nelle culture di moltissimi paesi del mondo, permeandole anche al di fuori delle ristrette cerchie degli specialisti. (…) L’Istituto fino a questo momento è sostenuto da finanziamenti pubblici e nei momenti di difficoltà è stato fortemente sostenuto dalla famiglia Marotta, che ha alienato più di un cespite della proprietà privata per far fronte agli impegni dell’istituto.

Con i tagli alla cultura, l’Istituto verrebbe a trovarsi nella impossibilità a continuare nella sua funzione e nel suo compito.

Concretamente, quali sono le iniziative o gli interventi che richiedete alla politica e a tutti noi nel prossimo futuro? Quali piani proponete per rilanciare l’Istituto?

Allo Stato e alla Regione Campania si chiede di tenere l’Istituto nell’elenco degli enti di cultura di rilievo nazionale e di sostenerlo con finanziamenti adeguati per consentirgli di continuare a svolgere il ruolo importantissimo finora svolto per la crescita dell’immagine del nostro Paese nel mondo, per incrementare le ricerche di cultura umanistica, per favorire il dialogo tra cultura umanistica, cultura scientifico-tecnologica ed economica e per permettere ai giovani del Mezzogiorno d’Italia di continuare a dialogare con le più belle intelligenze del mondo e per consentire agli intellettuali di tutto il mondo di conoscere e apprezzare il tesoro di entusiasmo e di creatività che ancora è presente nei giovani meridionali.

Quanto è importante che un istituto d’eccellenza come l’IISF sia a Napoli? Quali vantaggi apportate con la vostra presenza ad un territorio afflitto da molti e complessi problemi?

L’Istituto con le sue molteplici iniziative in ogni settore del sapere continua, pur tra mille difficoltà, ad entusiasmare studiosi affermati e giovani ricercatori di Napoli e del Mezzogiorno e a spronarli nell’impegno a perseverare nella linea del libero esercizio del pensiero e della larga diffusione della cultura, praticata e difesa per secoli dalle Accademie e dalle libere scuole di Napoli e del Mezzogiorno d’Italia. La presenza di un istituto d’eccellenza a Napoli, oltre a salvaguardare una tradizione di alta cultura che senza alcuna soluzione di continuità, data dal primo secolo avanti Cristo. (…) Si pensi a figure come Bruno, Vico, Genovesi, Filangieri, De Sanctis, Croce e così di seguito. Di questa vivacità culturale il territorio si avvantaggia non poco e soprattutto si avvantaggiano i tanti, tantissimi, giovani non inclini a rassegnarsi alla perdita di importanza e di ruolo positivo svolto delle regioni meridionali nella storia nazionale e internazionale.

C’è una tendenza molto forte in questi anni ad identificare l’istruzione con la preparazione di una persona all’attività lavorativa. Questa tendenza è uno dei modi in cui si manifesta l’idea più generale che l’attività produttiva sia prioritaria rispetto allo sviluppo culturale del Paese. Cosa credete si debba fare in Italia per ristabilire un equilibrio più sano tra queste due visioni dell’uomo e del progresso? Che ruolo credete debba assumere l’IISF?

La tendenza ad identificare l’istruzione con la preparazione di una persona all’attività lavorativa risponde ad un concetto di uomo immaginato come produttore di beni e non come soggetto pensante. I modelli di apprendimento di “sapere il perché” si fa una cosa sono stati sostituiti da quelli di “sapere come” quella cosa si fa. A breve il secondo modello di apprendimento è più produttivo ma alla lunga produce atrofia immaginativa e reattiva, incapacità progettuale e schiavitù di pensiero. Senza cultura umanistica non c’è autonomia intellettuale né vera libertà. L’interdisciplinarietà e il dialogo tra settori diversi ma non eterogenei della cultura non sono affatto occasionali. Anzi, sono al centro dell’interesse dell’Istituto, la cui attività fondamentale consiste nei “seminari”, una forma di comunicazione della cultura in grado di spargere semi destinati a germogliare su un terreno spirituale comune e a risvegliare vocazioni e capacità, che per difetto di stimoli intellettuali sono sopite o spente. Il merito dell’Istituto è da individuare, infatti, nell’aggregazione e nella mobilitazione di molte delle più belle intelligenze giovanili e nell’indirizzarle al culto appassionato dei valori più alti del vivere civile, della cura dell’universale contro il gretto particolarismo di una società ricca, ma sempre più spesso egoista e violenta. Le iniziative dell’Istituto hanno contribuito in maniera forte all’irradiazione dei saperi umanistici, utilissimi anzi indispensabili per la funzione di tessuto connettivo che svolgono nella società civile. E si sono qualificate come modello per molta parte dell’Europa e per i tanti paesi del mondo impegnati a realizzare una cultura libera da rigidi schemi precostituiti e improntata alla solidarietà, unica condizione per una pace vera.(…) I convegni specialistici organizzati a Napoli in Italia e all’estero, le centinaia e centinaia di volumi di alta cultura, stampati e fatti circolare in tutto il mondo, i seminari tematici, le scuole di alta formazione, la diffusa sperimentazione della didattica dei contenuti, fanno dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici un’istituzione culturale originalissima, al servizio della cultura e del bene pubblico, come è stato ripetutamente riconosciuto dal Parlamento Europeo e dall’ONU e come è testimoniato da tanti giudizi dei più qualificati filosofi e scienziati di ogni parte del mondo.
Silvia De Marino

Fonte:
AgoraVox